L’interno
del castello risulta alquanto povero di arredi e suppellettili
d’epoca; questi infatti furono in gran parte venduti nell’asta
indetta dall’Amministrazione Comunale di Castell’Alfero per
recuperare parte del denaro servito per acquistare nel 1905 il castello
stesso dalla famiglia Ottolenghi di Asti per 64.000 lire.
Ogni
piano del maniero era organizzato nel ‘700 con un preciso ordine
gerarchico di destinazione ed uso.
Il
piano interrato aveva un’importanza secondaria, era destinato
esclusivamente a funzioni di magazzino e di cantina.Il
piano terreno aveva molteplici funzioni: vi erano stanze riservate alla
nobiltà, al custode, al teatro, alla dispensa, alla prigione, alle
cucine.
Il
primo piano era sicuramente il più importante, come si usava in quei
tempi, e vi erano dislocati i saloni di rappresentanza e gli alloggi dei
feudatari, gli Amico.
Il
secondo piano era di secondaria importanza ed ospitava i locali per la
servitù e per gli eventuali ospiti.
L’accesso principale al castello fu mantenuto da Benedetto Alfieri nel
suo radicale intervento di ristrutturazione del 1730, sul lato sud est,
nella stessa posizione in cui si trovava nella casaforte del ‘600.
Entrando dal portone si giunge in un atrio spazioso con
volta a botte lunettata e ad arco molto ribassato. Il locale era
preesistente, mentre la volta e le colonne sono dell’Alfieri. Le
coppie di colonne tuscaniche, stuccate ad imitazione del marmo, sono
accostate su di un unico basamento e poste ai fianchi delle porte che
conducono quella a sinistra all’attuale ufficio anagrafe, locali un
tempo adibiti a cucine, mentre quella a destra immette nelle sale del
ristorante, un tempo utilizzate come locali di disimpegno e biblioteca.
Di fronte al portone d’ingresso si apre una porta che
conduce alla base dello scalone d’onore e alla porta d’ingresso del
sotterraneo; questa è sormontata da uno stucco ornamentale con un
anello chiuso da due mani che si stringono, simbolo d’amicizia e
fraternità, mentre agli angoli del basso soffitto vi sono delle colombe
bianche: entrambi i motivi li ritroveremo spesso ripetuti nelle
decorazioni del castello perché sono degli evidenti richiami allo
stemma araldico dei conti Amico.
Lo scalone
d’onore si snoda su base quadrata, con quattro rampe per ogni piano.
Accertato
che il piano nobile era il primo, mentre il secondo era per la servitù,
la scala varia ed adatta le proprie caratteristiche sulla base del rango
degli utilizzatori. Sino al primo piano lo scalone, pur essendo semplice
come struttura e forzatamente ristretto negli spazi, risulta molto
dignitoso. L’andamento complesso delle volte, le colonne tuscaniche
sulle rampe, le decorazioni presenti al di sopra dei pianerottoli, gli
oblò ellittici
che si aprono ai lati delle rampe con funzione di puro alleggerimento
visivo testimoniano la cura posta dall’Alfieri nel rivalutare questo
altrimenti angusto scalone.
Il
tratto di scala che sale dal primo al secondo piano, a cui si accede dal
pianerottolo girando a sinistra solo attraverso una porta che lo
nasconde, è invece molto povero e spoglio, anche lo sbarco al piano è
lontano esteticamente da quello sottostante; unica rilevanza è la
volta, peraltro di minore altezza rispetto ai precedenti piani, a
padiglione lunettato.
Lo
sbarco sul pianerottolo del primo piano è accolto da quattro
semicolonne tuscaniche per lato che richiamano quelle dell’atrio e
dello scalone.
A
destra vi è una porta che era l’ingresso di servizio degli
appartamenti della contessa madre.
A
sinistra invece, oltre alla porta che nasconde la scala per il secondo
piano, comunque visibile da una feritoia, vi è un’altra porta tramite
cui si accede a quello che un tempo era l’alloggio del conte, ora
occupato interamente dagli uffici comunali. Si tratta di quattro ampie
stanze che oggi, spogliate di tutti gli arredi dell’epoca, non offrono
più segni di richiamo dell’antico splendore, tranne le volte
affrescate anche se non in eccelse condizioni. Negli alloggi degli Amico
sono ancora visibili alle pareti, appena sotto la volta, numerose staffe
di rinvio per i cordoni di chiamata della servitù. L’ampiezza dei
locali, la presenza di portefinestre con piccoli balconcini, il panorama
sulla Valle Versa che si gode dalle finestre confermano che questa era
l’ala padronale. Da destra a sinistra troviamo rispettivamente la
camera da letto del conte, l’anticamera del conte con la volta
affrescata con fronde di quercia e fiori rinchiusi in quadri,
l’anticamera della contessa, dove vi è la porta da cui siamo entrati
poc’anzi, la stanza da letto della contessa con la volta riccamente
affrescata; altre tre piccole stanze erano forse usate come guardaroba e
per la dama di compagnia della contessa.
Al
fondo di quest’ultima stanza vi è una minuta cappella, nascosta da
una porta, a cui si può accedere solo tramite una scala che sale dal
pianterreno dell’attuale ristorante. Il piano del pavimento della
cappella è posto affossato di circa un paio di metri rispetto al
livello del primo piano ed è a base quadrata di poco più di due metri
di lato. Contiene un piccolo altare, un crocifisso, una corona ed alcune
iscrizioni; quattro finestre ovali, una su ciascun lato, sono aperte su
quattro differenti stanze, probabilmente per dar modo ai conti ed ai
loro servitori di seguire le funzioni direttamente ed anche
separatamente: ciascuno dai rispettivi locali.
Nello sbarcare sul
pianerottolo del primo piano ci si trova di fronte una porta vetrata
sopra la quale campeggia lo stemma dei feudatari: è l’accesso al
Salone Rosso, locale posto esattamente sopra l’atrio d’ingresso;
questa sala imponente nella sua altezza di due piani era il locale più
importante della casaforte del ‘600, aveva funzioni di
rappresentanza ed era la sede amministrativa del feudo di
Castell’Alfero.
Tutte
le pareti ed il soffitto sono riccamente affrescate, con vari motivi,
molti dei quali a carattere militare: questo sia per suggellare la
potenza della casata sia perché gli affreschi del salone furono voluti
dal cadetto della famiglia Amico Giuseppe, il quale ricoprì nella sua
carriera gli incarichi di colonnello d'artiglieria, generale di
battaglia, tenente generale e Governatore di Ivrea. La leggera
predominanza del colore rosso negli affreschi del salone ne ha
determinato il nome. Curioso l’effetto tridimensionale ottenuto sugli
stessi affreschi con giochi di ombre su colonne, armature, statue,
stipiti e cornici che dona un senso di profondità alle piatte pareti.
Il
muro di dirimpetto riporta lo stemma degli Amico in alto, sopra la
portafinestra che permette di accedere al terrazzino posto sopra
l’ingresso del castello, altre cinque finestre sono presenti sulla
stessa parete di sud-est per dare luminosità al locale.La
sala è arredata con un grosso tavolo ed alcune poltrone perché
attualmente è la sede del consiglio comunale.
Vi
sono ancora due altre porte: quella a sinistra immette nell’anticamera
del conte, mentre quella a destra conduce nell’attuale ufficio del
sindaco, anticamera dell’alloggio della contessa madre. Tra i quadri
alle pareti si possono ammirare quelli raffiguranti l’ultimo conte
Amico Carlo Luigi e sua madre, la contessa Felicita Saluzzo di Paesana,
San Girolamo che prega con il consueto teschio ed il canonico Pastrone,
benefattore che istituì un lascito di sussidio per gli alunni poveri
delle scuole di Castell’Alfero.
Da vedere vi sono ancora l’antico
gonfalone del Comune conservato in una bacheca e, inserito nella parete
destra, vi è un caminetto sormontato da uno specchio. La volta
riccamente affrescata ripete il motivo dei fiori chiusi in quadri, ed
anche i muri hanno qualche decorazione.
Da
notare che tutti i caminetti del castello hanno nel focolare dei fregi
in ghisa con l’emblema degli Amico, spesso accoppiato ad un altro
stemma araldico, quest’ultimo sempre diverso; probabilmente ciascun
fregio celebrava l’unione matrimoniale di un membro della famiglia
Amico con un’altra importante casata nobiliare.
Attraversata
una porta si arriva alla camera da letto della contessa madre;
quest’ala del castello è la meno lineare dal punto di vista
architettonico. La stanza è denominata saletta De Rolandis perché vi
sono una lapide commemorativa murata e varie testimonianze che La parete
destra è tappezzata completamente da una carta da parati verde
d’epoca con motivi naturalistici, mentre di fronte a noi si nota un
caminetto. Sono visibili anche alcune antiche mappe e stampe con alberi
genealogici sabaudi. La volta è finemente decorata con motivi
naturalistici su sfondo rosato.
Passando
oltre si giunge nella saletta
Gianduja, oggi chiamata così
perché contiene quadri,
fotografie, locandine, poesie ed anche quattro sovra porta tutti
riguardanti la popolare maschera piemontese nata nel 1808 a Callianetto.
Altri
sovra porta del castello invece sono gli originali d’epoca, dipinti da
Vittorio Amedeo Cignaroli.
Giungiamo
ora alla galleria dei ritratti che fa parte del blocco più antico del
castello, precisamente della manica che racchiudeva il cortile interno;
probabilmente era il fienile sotto il quale si trovavano le scuderie
della casaforte. Nel ‘700 fu trasformata in una galleria per quadri,
ritenuta a quei tempi un elemento architettonico di prestigio, una sorta
di status symbol nobiliare.
L’arco
che interrompe la continuità della volta a botte segna il limite di
demarcazione fra la vecchia ed esistente struttura e la nuova
costruzione dell’Alfieri. La galleria viene detta anche “degli
ordini” perché alle pareti vi sono ben 12 grandi tavole con stampe
raffiguranti vari ordini religiosi e militari.
Nel locale sono presenti
tre eleganti caminetti; il primo a destra ha il focolare con fregio
datato 1738 che riporta lo stemma comitale degli Amico attorniato da
simboli militari; un identico fregio sovrasta l’arco centrale del
porticato destro della facciata del castello.
Dalle finestre poste sul
lato destro della galleria si può vedere il cortile interno, detto
degli uccelli perché grazie a delle reti poste in alto, a filo dei
tetti, era stato trasformato in una grande voliera.
Dalla
galleria dei ritratti si accede a sinistra sia alla sala del trucco che
alla biblioteca personale del conte. Nella sala del trucco, intitolata
al professor Giovanni Boano, colpiscono la finezza delle decorazioni
della volta in tonalità rossa e la stringatezza dei particolari
architettonici. Qui è ospitata attualmente la ricca biblioteca storica
del castello, i cui volumi sono stipati in scaffali originali
dell’epoca; alle pareti mappe del ‘700.
Prima
di accedere a questo locale si passa attraverso una sorta di stanzetta
dalla pianta cuneiforme: ciò è dovuto all’accostamento della nuova
struttura che fu impostata su un diverso asse rispetto alla vecchia
casaforte.
Qui vi è una porta che porta sulla scala a chiocciola che
collega tutti i piani del castello. Prima della costruzione dello
scalone esterno ad “esse” sul lato ovest, questa scala era l’unico
accesso diretto al Salone Verde ed alla sua terrazza previsto nel
progetto di Benedetto Alfieri. L’importanza originaria della seppur
stretta scala la si può notare nella presenza sulle rampe di una
nicchia con una bella statua.
La
biblioteca personale dei conti era posta in un locale di modeste
dimensioni, anch’esso a pianta cuneiforme. Alle pareti sono disegnati
degli armadi colmi di libri.
Oltrepassata
la sala del trucco si arriva al Salone Verde, senza dubbio il più bello
ed elegante locale del castello.
La denominazione deriva dalla predominanza del colore
verde
sia nell’arredo, sia nelle decorazioni e sia nel raro pavimento,
composto da piastrelle di ceramica di Vietri dipinte a mano, che hanno
mantenuto intatto dopo quasi tre secoli, il loro tessuto e la loro
smagliante vivacità cromatica. Le pareti e la volta sono ricche di
decorazioni, affreschi e stucchi; gli affreschi con cornice ovale e i
motivi con le fronde di quercia chiuse in tondo saranno poi ripetuti
dall’Alfieri in altre sue opere.
I
sovra porta sono anch’essi affrescati con temi naturalistici, mentre
si nota qualche richiamo militare in alcune decorazioni murali. Nel
salone si può ammirare anche un pianoforte del 1870 perfettamente
restaurato, usato talvolta per concerti.
Mentre
il Salone Rosso assume un tono di severità ed imponenza, quello Verde
è molto allegro ed accogliente; suggerisce antiche immagini di gaie e
festose serate danzanti.
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nell'atrio d'ingresso,
a fianco di due porte,
vi sono coppie di colonne tuscaniche
particolare del Salone Rosso:
la rappresentazione di una delle Arti in cui eccelsero gli Amico,
la pittura
un sovra porta
affrescato a tema naturalistico
la Contessa Felicita di Paesana,
madre di Carlo Luigi Amico
ultimo Conte di Castell'Alfero
particolare del prezioso pavimento in
ceramica del Salone Verde
la piccola cappella del castello
vista da un oblò
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